Le inidoneità del personale scolastico: procedura di accertamento, forme di tutela del dipendente e riflessi sul contratto di lavoro.
Le forme di inidoneità del personale scolastico
Con il presente
documento si propone una ricognizione ed analisi delle diverse fattispecie di inidoneità
allo svolgimento della prestazione lavorativa del personale scolastico che, ove
accertate all’esito del giudizio medico, sono suscettibili di condizionare il
rapporto di lavoro in essere e di condurre, nei casi più gravi, alla
risoluzione anticipata del contratto.
In ambito
scolastico le disposizioni che regolano le inidoneità sono contenute in una
pluralità di atti normativi che si sono susseguiti nel corso del tempo
influenzando la disciplina prevista a livello dei contratti collettivi di
comparto.
L'obiettivo è quello di mettere a disposizione del dirigente scolastico, responsabile delle risorse umane e della sicurezza sul lavoro, una sorta di vademecum per orientarsi nelle diverse casistiche e porre in essere gli adempimenti necessari.
Un punto di
partenza abbastanza recente per la disamina delle fonti che regolano la materia
è certamente costituito dall’art. 55
octies inserito tra le norme sul pubblico impego di cui al d.lgs. n. 165/2001
dal d.lgs. n. 150/2009 (Riforma Madia). Tale norma, dopo aver affermato la
possibilità per l’amministrazione datore di lavoro di risolvere il rapporto con
il dipendente dichiarato permanentemente inidoneo al servizio, ha delegato il
Governo a regolamentare i seguenti aspetti della disciplina:
a) la procedura di
verifica dell'idoneità al servizio, anche ad iniziativa dell'amministrazione;
b) la tutela
cautelare attivabile nelle more dell’effettuazione della visita;
c) gli effetti sul
contratto di lavoro;
d) la possibilità per l’amministrazione di risolvere il contratto in caso di reiterato rifiuto ingiustificatamente opposto dal dipendente sottoposto a visita.
La delega è stata
esercitata con l'adozione del Regolamento di cui al d.P.R. 27 luglio 2011, n.
171 che ha introdotto la nuova disciplina della risoluzione del rapporto di lavoro pubblico nel caso di permanente
inidoneità al servizio, abrogando l'istituto della dispensa per motivi di
salute originariamente previsto dal d.P.R. 10/1/1957, n. 3 (artt. 129 e ss.) *1
Tale regolamento,
dopo aver individuato destinatari ed ambito di applicazione della disciplina,
all'art. 2 opera una prima importante distinzione concettuale all’interno della
categoria delle inidoneità del personale:
a) inidoneità
psicofisica permanente assoluta
riferendosi allo stato di colui che, a
causa di infermità o difetto fisico o mentale si trovi nell'assoluta e
permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa;
b) inidoneità psicofisica permanente relativa per tale intendendosi lo stato di colui che a causa di infermità o difetto fisico o mentale si trovi nell'impossibilità permanente allo svolgimento di alcune o tutte le mansioni dell'area, categoria o qualifica di inquadramento.
La distinzione
costituisce un'importante novità rispetto al passato. Si prevede infatti che solo l'inidoneità psicofisica permanente
assoluta costituisce il presupposto legittimante la risoluzione anticipata del
contratto di lavoro (art. 8). Diversamente, al ricorrere dell'ipotesi sub b
(inidoneità permanente relativa)
sussiste il potere-dovere
dell'amministrazione (datore di lavoro) di porre in essere ogni utile tentativo
di recupero al servizio attivo del dipendente, eventualmente anche a seguito
di un percorso di riqualificazione professionale (art. 7).
Accanto alle
inidoneità che riguardano la sfera psichica e fisica del dipendente di cui al
predetto art. 2, il regolamento prevede poi un’ulteriore forma di inidoneità. Tale è quella che consegue all'accertamento
sanitario del personale che abbia superato il primo periodo di assenza con
diritto alla conservazione del posto previsto nei contratti collettivi di
riferimento (art. 3, comma 3, lett. a).
Per il comparto scuola il rimando è all’art. 17 del CCNL del 29/11/2007, norma che continua a trovare applicazione anche dopo la stipula del successivo contratto del 19/04/2018 in forza del richiamo ivi operato dal comma 10 dell'art. 1.
La norma collettiva prevede che il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Allo scadere di tale termine il lavoratore, in casi di particolare gravità comprovati da idonea documentazione medica, può presentare al dirigente un'istanza finalizzata alla concessione di un ulteriore periodo di conservazione del posto, pari ad altri diciotto mesi, senza corresponsione di alcuna retribuzione.
A tale richiesta
non corrisponde in capo al lavoratore alcun diritto soggettivo alla proroga del
periodo di comporto. Al termine del primo periodo, nelle more dell'iniziativa
datoriale finalizzata all'effettuazione della visita di idoneità, infatti, il dipendente è tenuto a presentarsi al
lavoro una volta cessato lo stato di malattia *
Il
superamento dei periodi di conservazione del posto è, dunque, condizione
sufficiente a legittimare il recesso
(comma 4 del citato art. 17). L'adozione del provvedimento di risoluzione rientra
tra gli atti di gestione del rapporto
di impiego ed è di competenza del dirigente scolastico il quale, al
contemporaneo verificarsi dei presupposti previsti dalla legge e dalla contrattazione
collettiva (ossia l'avvenuto superamento del periodo massimo di comporto e
l'assenza di qualsivoglia richiesta di proroga da parte del lavoratore)
provvederà a risolvere il contratto, previa diffida al lavoratore. *3
Nel caso in cui
invece il dirigente scolastico sia intenzionato a concedere al dipendente gli
ulteriori 18 mesi, lo stesso dovrà avviare, previo avviso all'interessato, la
procedura per l'accertamento dell'idoneità psicofisica allo scopo di verificare
se il lavoratore, allo scadere del secondo periodo di conservazione, sia
effettivamente in grado di riassumere servizio per le mansioni precedenti alla malattia
e tutelare così il suo stato di salute (comma 3).
In questo caso,
qualora all'esito dell'accertamento il dipendente sia risultato permanentemente
inidoneo al servizio, il dirigente procederà alla risoluzione del rapporto di
lavoro e alla corresponsione dell'indennità sostitutiva del preavviso (art.8).
È il dirigente dunque a dover valutare, nel bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco, quale strada intraprendere: se quella funzionale al buon andamento dell'amministrazione con conseguente risoluzione anticipata del rapporto in caso di superamento del periodo di comporto o,invece, quella più garantista per il lavoratore, interessato alla conservazione del posto nelle more del suo pieno recupero psicofisico. Tale valutazione è espressione del potere discrezionale e va condotta entro tempi adeguati e ragionevoli al fine evitare che possa ingenerarsi nel lavoratore un affidamento legittimo circa la rinuncia datoriale ad avvalersi del giustificato motivo di recesso per avvenuto superamento del periodo massimo di comporto. Tuttavia, a differenza del licenziamento disciplinare che postula l'immediatezza del recesso a garanzia del diritto di difesa dell'incolpato, quello intimato per superamento del periodo di comporto non può essere vincolato ad un criterio cronologico prestabilito ben potendo, ove adeguatamente motivato, seguire la riammissione in servizio del dipendente. *4
La procedura di
avvio dell'accertamento dell'idoneità. Le competenze del dirigente scolastico.
La procedura di
verifica per l'accertamento dell'idoneità al servizio può essere attivata:
➢
dal dipendente;
➢
dal datore di lavoro d'ufficio.
Nella prima
ipotesi, espressamente prevista dal comma 2 dell'art. 3 del d.P.R. n. 171/2011,
il dipendente confermato in ruolo può, in qualsiasi momento, presentare al
dirigente scolastico apposita istanza corredata da idonea documentazione medica
che sarà trasmessa, senza indugio, all’organo deputato alla verifica.
Quanto
all'iniziativa d'ufficio, il Regolamento del 2011, all'art. 3 comma 3, individua
i casi in cui l'amministrazione,
nella persona del dirigente della sede di titolarità, ha l'obbligo di attivare la procedura finalizzata all'accertamento
dell'idoneità psicofisica del dipendente.
1. La prima ipotesi è quella
connessa al superamento del periodo di comporto di cui al predetto art. 17 del
CCNL del 2007: il dirigente, nell'imminenza del raggiungimento del periodo di comporto,
avvisa il dipendente che, nel persistere dello stato di malattia, si concluderà
il primo periodo di conservazione del posto e che pertanto verrà avviato a
visita presso la commissione medica preposta alla verifica dell’idoneità;
2. la seconda ipotesi è quella in
cui il dirigente, sulla base di evidenze riscontrate nel caso concreto, valuti
nel comportamento del dipendente la presenza di disturbi psichici gravi ovvero di condizioni fisiche tali da far presumere l’esistenza di una
potenziale inidoneità (psichica o fisica) al servizio svolto.
Pertanto, mentre
nella prima ipotesi l’attivazione del dirigente è legata a ragioni oggettive
oltre che ad un preciso momento temporale (quello relativo al superamento del
periodo di comporto), nel secondo caso l’avvio della procedura di accertamento
presuppone una valutazione del dirigente avente ad oggetto il comportamento
tenuto dal dipendente durante l’orario di servizio. In entrambe le ipotesi il
legislatore subordina l'attivazione della procedura di verifica al requisito
della conferma in ruolo del dipendete.
La
richiesta di accertamento
formulata dal dirigente non presenta particolari esigenze formali e deve essere
indirizzata alla Commissione medica di verifica (CMV) presso il Ministero delle
Economie e delle Finanze, di norma incardinata a livello delle Ragionerie dello
Stato competenti per territorio.
Tale richiesta è
accompagnata da una relazione dalla quale si evincano le assenze per malattia
che abbiano portato al superamento del periodo di comporto ovvero i fatti
integrati da comportamenti del dipendente che il dirigente abbia valutato come
possibili conseguenze di patologie esistenti a livello psichico o fisico. La
relazione dovrà limitarsi alla narrazione dei fatti, evitando ogni ipotesi 6 diagnostica, di stretta competenza medica,
e potrà, se del caso, essere corredata da documentazione sanitaria
eventualmente agli atti della scuola.
Della richiesta di
visita deve essere data immediata e contestuale comunicazione al dipendente, il
quale, pur non avendo possibilità di opporvisi, ha però il diritto di
individuare e incaricare un sanitario di propria fiducia dal quale farsi
assistere fino alla conclusione della procedura.
L'art. 5 del Regolamento prescrive inoltre che le comunicazioni alla Ragioneria territorialmente competente vanno effettuate dal dirigente per via telematica nel rispetto della disciplina normativa sul trattamento dei dati personali di cui al d.lgs. n. 196/2003 siccome integrato dalle previsioni di cui al regolamento (UE) n. 2016/679.
La sospensione
cautelare del dipendente sottoposto a visita.
Nelle more
dell'effettuazione della visita richiesta presso la Commissione medica di
verifica, il dirigente che ravvisi la sussistenza di un pericolo concreto per la
sicurezza o l'incolumità del dipendente, oltre che dell'utenza e degli altri
membri della comunità educante dispone con provvedimento motivato la
sospensione cautelare del dipendente medesimo dal servizio a scuola.
Si tratta di una tutela a carattere provvisorio e
strumentale introdotta per la prima volta dall’art. 6 del d.P.R. n. 171/2011. Il relativo provvedimento è
disposto su autonoma decisione del dirigente al ricorrere di determinate
condizioni di legge.
▪ Anzitutto occorre
che il dirigente abbia attivato, nelle forme di cui al citato art. 5, la
procedura per la verifica dell'idoneità psicofisica del dipendente mediante
trasmissione al MEF di tutta la documentazione a corredo della richiesta;
▪ occorre inoltre
che il dipendente abbia tenuto in servizio condotte che il dirigente valuti come
potenziale fonte di pericolo e di danno, oltre che per l'incolumità del
dipendente stesso, anche per quella dell'utenza e del personale scolastico.7
In tali circostanze
il dirigente può disporre con atto
motivato la sospensione cautelare del dipendente dal servizio sino alla data di effettuazione della
visita medica di idoneità e comunque per non più di 180 giorni decorrenti dalla
notifica del provvedimento, salvo rinnovo o proroga per esigenze
adeguatamente motivate.
A tutela del diritto di difesa e salvo il ricorrere di situazioni di urgenza, l'adozione del provvedimento di sospensione cautelare deve essere preceduta dalla comunicazione al dipendente. Questi, una volta informato delle intenzioni del datore di lavoro, potrà nei successivi 5 giorni, presentare memorie e documenti per opporsi all'adozione del provvedimento cautelare che dovranno essere oggetto di valutazione da parte datore di lavoro.
Riassumendo, la
sospensione cautelare dell'art. 6 rimette alla valutazione del dirigente
l'esercizio della facoltà di sospensione correlata alla ricorrenza nel caso
concreto dei presupposti normativi. La funzione è quella di allontanare
temporaneamente da scuola il dipendente la cui sospetta inidoneità psichica o
fisica sia di ostacolo all'erogazione del servizio, alla serenità dell'ambiente
di apprendimento, oltre che di pericolo per l'incolumità personale dei membri
della comunità scolastica.
Tale forma di
sospensione va tenuta distinta sia da quella adottata all'esito del
procedimento disciplinare, accompagnata dall'assenza della retribuzione e
avente natura sanzionatoria rispetto alla violazione degli obblighi di servizio
ivi accertata, sia da quella disciplinata agli artt. 91 e 92 del d.P.R. n.
3/1957, adottata dall'USR nei casi in cui il dipendente sottoposto a
procedimento penale abbia posto in essere condotte suscettibili di integrare
reati gravi (sospensione facoltativa) ovvero sia stato sottoposto dall'autorità
penale a misura interdittiva della libertà personale (sospensione obbligatoria).
In difetto dei
presupposti di legge il dipendente non potrà essere posto forzatamente in
malattia poiché lo stesso non ha solo il dovere di espletare le proprie
mansioni ma anche il diritto di fornire la propria prestazione. *5
Al dipendente
sospeso in via cautelare dal servizio va corrisposta un'indennità pari al
trattamento retributivo spettante in caso di malattia e il relativo periodo è
computato ai fini del calcolo dell'anzianità di servizio.
Qualora poi
all'esito dell'accertamento presso la commissione medica di verifica, il
dipendente sia risultato pienamente idoneo allo svolgimento del servizio
andranno corrisposte, le somme decurtate durante il periodo di sospensione
cautelare. Diversamente, nel caso di accertata permanente inidoneità
psicofisica assoluta al servizio del dipendente, il dirigente previa
comunicazione all'interessato nei tempi e nei modi indicati dal Regolamento,
risolverà il contratto di lavoro.
Le interferenze con
l’esercizio del potere disciplinare e il rifiuto ingiustificato del dipendente
di sottoporsi a visita.
Accade spesso che i
comportamenti del dipendente attenzionati dal dirigente per ragioni di salute, violino
al contempo obblighi di servizio contrattualmente previsti, in primis quello di adeguare la propria
condotta ai principi di correttezza e leale collaborazione e di astenersi dal
compimento di atti lesivi dell'altrui persona o dignità previsto (per i
docenti, art. 494, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 297/1997, per il personale
ATA, art. 11, comma 3 del CCNL del 19/04/2018).
Come è noto al
dirigente la legge chiede di segnalare, peraltro entro termini piuttosto brevi,
le violazioni poste in essere in orario di servizio perché suscettibili di
rilevare sul piano della responsabilità disciplinare. E allora, come si
conciliano i due procedimenti, quello volto ad accertare l'idoneità psicofisica
del dipendente e quello per responsabilità disciplinare, quando oggetto dell'accertamento
siano sostanzialmente gli stessi fatti? È chiaro che, nel caso prospettato,
sarebbe utile poter avviare il procedimento disciplinare all'esito dell'accertamento
sanitario e solo nell’ipotesi in cui il dipendente sia risultato idoneo a
prestare il proprio servizio a scuola. Tuttavia, nella maggior parte dei casi,
il breve termine decadenziale preordinato all'esercizio dell'azione disciplinare
(30 giorni decorrenti dalla conoscenza del fatto illecito) mal si concilia con
i tempi che caratterizzano l'iter sotteso alla verifica dell'idoneità al
servizio del dipendente. La visita presso la commissione medica del MEF può
infatti essere fissata in qualunque tempo. La conseguenza è che i due
procedimenti, quello disciplinare da un lato e quello di verifica dell'idoneità
dall'altro, spesso pendono contemporaneamente senza che sia stata prevista dal
legislatore la possibilità di sospendere il primo in attesa degli esiti
dell'accertamento sanitario, esiti che, dunque, ben potranno giungere anche
dopo l’irrogazione della sanzione disciplinare.
Sempre in ordine
alle possibili interferenze con il procedimento disciplinare si esamina ora la fattispecie
del dipendente che, sottoposto a visita medico collegiale per la verifica
dell’idoneità al servizio, non si presenti dinanzi alla Commissione per almeno
due volte e senza giustificazione.
L'art. 6 del
Regolamento di cui al d.P.R. n. 171/2011 disciplina tale ipotesi prevedendo un autonomo
caso di licenziamento con preavviso irrogato, all'esito di un
procedimento disciplinare nelle forme e nei termini di cui agli artt. 55 bis e
ss. del d.lgs. n. 165/2001.
La consolidata
giurisprudenza della Cassazione ha chiarito come la disposizione normativa
abbia carattere strumentale e non innovativo mirando a rendere effettivo il
contenuto precettivo delladelega contenuta nell’art. 55 octies (lett. d) al
fine di tutelare il diritto di difesa del dipendente. *6
Nel concetto di
doveri inerenti alla funzione ascritta al personale scolastico, docente o ATA,
è dunque certamente sussumibile anche l'obbligo di presentarsi a visita medica
dinanzi alla CMV per l'accertamento dell'idoneità psicofisica al servizio.
Tanto è vero che, una volta che sia stato incardinato il procedimento di
verifica sanitaria a carico del personale, la mancata collaborazione continua
ad inerire ai compiti propri della funzione e può integrare un comportamento
omissivo disciplinarmente rilevante.
A ben vedere già il
primo rifiuto che il lavoratore opponga all'espletamento della visita senza giustificato
motivo ha delle conseguenze rilevanti sullo status giuridico del dipendente. In
questo caso, infatti, il dirigente scolastico può valutare l'opportunità,
previa comunicazione all'interessato, di adottare il provvedimento di
sospensione cautelare dal servizio, lo stesso esaminato per le ipotesi in cui
il comportamento del lavoratore sia fonte di pericolo per l’incolumità
personale (art. 6, comma 1, lett. c) per poi disporre un nuovo accertamento
presso la commissione di verifica.
Anche in questo
caso quanto agli effetti economici e giuridici derivanti dall'adozione del provvedimento
di sospensione cautelare valgono le regole già viste. Pertanto, al dipendente
sospeso in via cautelare dal servizio compete un'indennità pari, questa volta,
al trattamento previsto in caso di sospensione cautelare disposta in corso di
procedimento penale.
Il periodo di
sospensione è valido ai fini del calcolo dell'anzianità di servizio.
I possibili esiti
della verifica e i riflessi sul rapporto di lavoro.
È opportuno porre
delle distinzioni fra i possibili esiti delle visite effettuate presso la
Commissione medica di verifica. Questi possono tradursi essenzialmente in
giudizi di:
1.
idoneità;
2.
permanente inidoneità,
assoluta o relativa;
3. inidoneità temporanea, assoluta o relativa.
1) In termini
medico-legali, l’idoneità è
rappresentata dall’insieme delle capacità
allo svolgimento di una determinata attività lavorativa e delle specifiche
mansioni ad essa connesse (senza rischi concreti per la salute del lavoratore e
dell’ambiente in cui è inserito, cioè i colleghi di lavoro e l’utenza). Il
parametro valutativo fa, quindi, riferimento alla capacità lavorativa
specifica, declinata attraverso le mansioni in cui questa deve articolarsi nel
contesto dell’inquadramento professionale ma tenendo conto anche delle
attitudini professionali maturate dal dipendente. *7
Il dirigente, una volta che gli sia stato notificato il verbale di accertamento dell’idoneità del dipendente in malattia o sospeso dal servizio ex art. 6 del Regolamento, dovrà invitarlo a riassumere servizio. Con la riassunzione in servizio il rapporto di lavoro si ripristina in pieno e prosegue alle condizioni originarie. Dal canto suo il dipendente dovrà presentarsi a scuola una volta ricevuta la comunicazione del dirigente e ciò anche prima dello scadere degli ulteriori 18 mesi concessi a norma dell’art. 17, co. 2, CCNL 2007. Qualora invece si rifiuti di riassumere servizio il suo rapporto di lavoro si risolverà con atto del dirigente che accerti e dichiari l’avvenuto superamento del periodo di comporto.
2) Come visto nei
paragrafi precedenti, il Regolamento recato dal d.P.R. n. 171/2011 opera la fondamentale
distinzione tra l’ipotesi in cui, all’esito della verifica, il dipendente sia
risultato inidoneo permanentemente rispetto a qualsiasi attività lavorativa (inidoneità
permanente assoluta)– ovvero in modo
relativo, con conseguente
riconoscimento di una residua capacità lavorativa ancorché limitata ad alcune
tipologie di mansioni (art. 2).
Solo nel caso in
cui le condizioni di salute del dipendente, dal punto di vista psichico o
fisico, conducano ad un giudizio di inidoneità
permanente di tipo assoluto, l’amministrazione, nella persona del
dirigente, previa comunicazione all’interessato, risolve il rapporto di lavoro,
entro 30 giorni dal ricevimento del verbale di accertamento medico,
corrispondendo, se dovuta, l’indennità sostitutiva del preavviso (art. 8).
Diversamente, qualora
l’inidoneità psicofisica del dipendente accertata all’esito della visita
risulti relativa, il dirigente sarà
tenuto a porre in atto ogni tentativo di
recupero dell'interessato al servizio nelle strutture organizzative di settore,
anche in mansioni equivalenti o di altro profilo professionale (art. 7).
Il verbale di
accertamento medico individua, non le mansioni praticabili in ragione della
residua capacità lavorativa, quanto piuttosto quelle controindicate e cioè
pregiudizievoli in ragione delle infermità e delle menomazioni diagnosticate.
Spetta dunque al
dirigente, con il supporto dell’Ufficio scolastico territorialmente competente,
utilizzare il dipendente in altri compiti applicando la normativa di settore
contenuta nei seguenti atti:
➢
CCNI del 25/06/2008 concernente i
criteri di utilizzazione del personale docente educativo ed ATA dichiarato
inidoneo alla sua funzione per motivi di salute di cui si riporta l’art. 3 rubricato
“Modalità e ambiti di utilizzazione del personale docente ed educativo”: 1. L'utilizzazione del personale docente ed
educativo è disposta, di norma, nell'ambito dello stesso circolo o istituto di
ex titolarità (o di titolarità in casi di utilizzo temporaneo). Tra i compiti a
cui può essere assegnato il personale docente ed educativo, tenuto conto di
quanto previsto nella certificazione medico collegiale, delle richieste
dell’interessato, in coerenza con il POF e con i criteri definiti in sede di
contrattazione di scuola, si indicano, a titolo meramente esemplificativo,
quelli relativi ad attività di supporto alle funzioni istituzionali della
scuola, quali: servizio di biblioteca e documentazione, organizzazione di
laboratori, supporti didattici ed
educativi, supporto nell'utilizzo degli audiovisivi e delle nuove tecnologie
informatiche, attività relative al funzionamento degli organi collegiali, dei
servizi amministrativi e ogni altra attività deliberata nell'ambito del
progetto d'istituto. 2. L'utilizzazione del personale docente ed educativo può
essere disposta, su base volontaria e tenendo conto delle richieste dell'interessato,
anche presso altre istituzioni scolastiche ed educative ovvero, in caso di verificate
esigenze, presso l’USP o presso l’USR, o presso gli uffici centrali del
Ministero della Pubblica Istruzione, o altre Amministrazioni pubbliche, previe
intese con i soggetti interessati.
➢
Legge 8 novembre 2013 n. 128 (di
conversione del D.L. n. 104/2013 recante “Misure urgenti in materia di
istruzione”) e nota MIUR del 3 dicembre2013, n. 13000 per il personale docente
che, nel caso di inidoneità relativa permanente per motivi di salute, chieda formalmente,
con un’istanza al dirigente, il passaggio
nei ruoli amministrativi con conseguente assunzione della qualifica di
assistente amministrativo o assistente tecnico e con assegnazione di una sede
provvisoria. In assenza di istanza o di posti disponibili nel profilo
richiesto, troverà applicazione obbligatoria la procedura della mobilità intercompartimentale in ambito provinciale
verso le amministrazioni che presentino vacanze di organico;
➢ Note MIUR del 6 dicembre 2013 n. 13220 e n. 7749 del 1 agosto 2014: nelle more dell’applicazione della mobilità intercompartimentale il personale docente dichiarato inidoneo permanentemente alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti può essere utilizzato oltre che nelle mansioni previste dal CCNI del 25 giugno 2008, anche per iniziative volte a prevenire la dispersione scolastica ovvero per attività culturali e di supporto alla didattica nella sede di servizio.
3) L’utilizzazione
del personale riconosciuto temporaneamente
inidoneo avviene secondo i criteri di cui al CCNI del 2008, solo a domanda
dell’interessato, da produrre senza indugio, all’esito del giudizio medico, al
Dirigente scolastico.
Qualora il
lavoratore non richieda esplicitamente di essere utilizzato in altri compiti coerenti
con il proprio profilo professionale, dovrà fruire, per tutto il periodo di
vigenza della inidoneità temporanea, dell’istituto giuridico dell’assenza per
malattia (malattia d’ufficio). *8
Il personale
docente riconosciuto temporaneamente inidoneo alle proprie funzioni per motivi
di salute può chiedere di essere utilizzato in altri compiti, prioritariamente
nell’ambito del comparto scuola. A tal fine sottoscrive un nuovo e specifico contratto individuale di lavoro di durata pari al
periodo di inidoneità riconosciuta. La domanda di utilizzazione può essere
presentata, all’esito della visita, in qualunque momento durante l’assenza per
malattia purché almeno due mesi prima della scadenza del periodo di inidoneità
temporanea e, comunque, dei periodi massimi di assenza di cui ai commi 1 e 2
dell’art. 17 del CCNL 29 novembre 2007.
Il personale utilizzato in altri compiti per motivi di salute conserva il trattamento economico previsto per la qualifica di appartenenza.
***
Una particolare
categoria di inidoneità emersa durante il periodo dell’emergenza sanitaria
dovuta alla diffusione del Covid-19 è stata quella rappresentata dalla
condizione di “fragilità” del lavoratore il cui stato di salute, in quanto
caratterizzato da patologie preesistenti, potesse risultare gravemente compromesso
in caso di infezione. * 9
Ai sensi dell’art. 26 del D.L. 17 marzo 2020, convertito con modificazione nella L. 24 aprile 2020, n. 27, lavoratore fragile è colui che, soffra di patologie tali da determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto.
La condizione di
“fragilità”, accertata su richiesta dal medico competente, si differenzia
dunque dalle inidoneità previste dal d.P.R. n. 171/2011 in quanto:
▪ è condizione temporanea dello
stato di salute legato alla particolare situazione epidemiologica in atto;
▪ richiede l’adozione di
opportuni rimedi preventivi al fine
di evitare che le condizioni dello stato di salute del lavoratore, rispetto
alle patologie preesistenti, di per sé non invalidanti, possano aggravarsi,
mettendone a rischio la salute;
▪ il suo accertamento è finalizzato a tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore e, a seconda dei casi, ne determina l’utilizzazione a domanda in altri compiti, la collocazione in malattia o l’accesso al lavoro agile.
Tra le misure introdotte al fine di tutelare
la categoria dei dipendenti cd. “fragili” vi sono:
- da un lato, l’obbligo in capo
al datore di lavoro di assicurare la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori
maggiormente esposti a rischio di contagio di cui all’art. 83 del D.L. n.
34/2020 convertito nella L. 17/07/2020 n. 77);
- dall’altro, il diritto di
svolgere la prestazione in modalità di smart working, ove necessario anche
attraverso l’adibizione a diversa mansione o lo svolgimento di specifiche
attività di formazione professionale da remoto.
Entrambe le misure
sono state attuate per il limitato periodo dell’emergenza pandemica fino al 31.03.2022,
termine con il quale si fa coincidere la cessazione dello stato di emergenza
con conseguente progressivo venir meno della legislazione adottata ai fini del
contenimento della diffusione del contagio, anche in ambito scolastico.
Le suddette misure
risultano, infatti, formalmente superate dall’adozione del D.L. 24/03/2022, n.
24, convertito nella L. 19 maggio 2022, n. 52 recante “Disposizioni urgenti per
il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da
COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza” ferma
restando l’ulteriore proroga fino al
31/12/2022 disposta dalla Legge 21 settembre 2022, n. 142, di conversione
del decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 (cd. decreto “Aiuti[1]bis).
Per il personale delle scuole permane la sola disciplina legata alla sorveglianza sanitaria ordinaria per la cui disamina si rimanda alla lettura delle disposizioni di cui al d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
***
Ulteriori forme di
inidoneità al servizio del personale scolastico
Vale la pena
soffermarsi su due ulteriori forme di
inidoneità al servizio proprie del personale scolastico esaminate da una
recente sentenza della Corte di Cassazione nel marzo del 2022. *10
Si tratta dell’inidoneità per incapacità didattica e
di quella per scarso rendimento che
non hanno nulla a che vedere con lo stato di salute del dipendente e che
prescindono pertanto da considerazioni di
ordine medico. Tali forme di inidoneità comportano, invece, valutazioni di tipo
tecnico che vengono condotte nel corso di autonomi procedimenti e che comunque
sono suscettibili, nei casi più gravi, di condurre alla risoluzione anticipata
del rapporto di lavoro.
Il caso che ha dato
l’occasione ai giudici di esprimersi sugli istituti in questione riguarda
quello di una docente di lingua dispensata dal servizio con provvedimento del
dirigente scolastico adottato ai sensi dell’art. 512 del d.lgs. n. 297/1994 e
motivato sulla base della riscontrata perdita dell’attitudine all’esercizio
della funzione docente (incapacità didattica).
Tra le censure
sollevate dalla ricorrente in sede di impugnazione del provvedimento datoriale
vi è quella che riguarda la violazione del diritto al contraddittorio del
lavoratore e delle garanzie procedimentali dal momento che dall’amministrazione
procedente non era stata disposta a sua tutela alcuna audizione a difesa.
La Corte di
Cassazione, nel rigettare il ricorso e confermare le statuizioni della Corte
d’Appello, ha affermato alcuni importanti principi regolatori della materia che
sono utili ad orientarsi meglio nel campo delle inidoneità del personale
scolastico.
Anzitutto la Corte
ha confermato la perdurante vigenza, anche a seguito dell’entrata in vigore del
d.lgs. n. 165/2001, dell’istituto della dispensa
dal servizio previsto dall’art. 512 del d.lgs. n. 297/1994. Ha poi distinto
tre diverse forme di inidoneità, tutte suscettibili, a certe condizioni, di condurre
alla risoluzione del rapporto di lavoro. Queste sono:
- l’inidoneità fisica consistente nell’impossibilità assoluta o
relativa allo svolgimento della mansione derivante dalle condizioni di salute
psicofisica dell’impiegato;
- l’incapacità didattica che rende il docente non idoneo alla
funzione e che consiste nell’inettitudine assoluta e permanente a svolgere
l’attività di insegnamento a causa di deficienze obiettive, comportamentali,
intellettive o culturali che, solo come conseguenza, inducono a prestazioni
insoddisfacenti;
- lo scarso rendimento caratterizzato da insufficiente impegno nello svolgimento della mansione o dalla reiterata violazione dei doveri d’ufficio.
La Cassazione, in
funzione di giudice del lavoro, si concentra poi sull’ipotesi di incapacità
didattica riconducendo la stessa, non a comportamenti colpevoli dell’insegnante
da accertare nell’ambito di un procedimento disciplinare, quanto piuttosto a
valutazioni oggettive che, all’esito di un accertamento di tipo tecnico (qual è
la visita ispettiva), risultano sintomatiche della mancanza di attitudine
all’impiego del docente.
Sulla scorta di
tali considerazioni la Corte esclude chiaramente qualsiasi possibile
interferenza tra accertamento della capacità didattica e procedimento
disciplinare e, con essa, anche la natura sanzionatoria dell’atto di dispensa.
L’accertamento di tale forma di inidoneità non segue pertanto le regole di cui
agli artt. 55 bis e ss. del d.lgs. n. 165/2001 ma ciò non significa che non
debba essere garantito il diritto di difesa del dipendente che sia sottoposto
all’accertamento. Tali esigenze sono soddisfatte anzitutto dalla comunicazione
di avvio del procedimento disciplinata in via generale dall’art. 7, l. n.
241/1990, che nel caso di specie era stata debitamente notificata alla ricorrente,
nonché dagli altri strumenti idonei a garantire la partecipazione
dell’interessato al procedimento amministrativo (accesso agli atti
dell’ispezione, concessione di un termine per la presentazione di osservazioni
e documenti, audizioni del dipendente nel corso della verifica).
Anche lo scarso rendimento è annoverato tra le
cause che possono dar luogo a dispensa ex art. 512 del d.lgs. n. 297/1994.
Tuttavia, l'accertamento di tale forma di inidoneità ha ad oggetto condotte colpevoli
del dipendente che integrano la violazione di obblighi di servizio e che, come
tali, si prestano più correttamente ad essere indagate nell’ambito di un
procedimento disciplinare che segua le regole e i principi dettati dagli artt.
55 bis e ss. del d.lgs. n. 165/2001.
A conferma di tale impostazione l’art. 54, comma 3 stabilisce che la violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all’attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare e, nei casi più gravi, può condurre al licenziamento del dipendente (art. 55 quater, comma 1, lett. f bis).
Le inidoneità del
personale a tempo determinato
Il Regolamento
recato dal d.P.R. n. 171/2011 condiziona l’avvio del procedimento di
accertamento dell’idoneità al fatto che il dipendente abbia superato il periodo
di prova. La disciplina normativa pertanto esclude formalmente dalla procedura
attivabile innanzi alla Commissione medica di verifica il personale a tempo
determinato (art. 3).
La limitazione
introdotta dal dettato normativo pone un evidente discrimine tra le tutele
della salute previste a favore del lavoratore a tempo indeterminato che abbia
superato il periodo di prova, e i lavoratori che non lo hanno ancora superato o
addirittura che versano in condizioni di precarietà.
A fronte del
dettato normativo non sono infrequenti le richieste da parte dei dirigenti
scolastici di verifica presso la Commissione medica anche nei confronti del
personale a tempo determinato il cui comportamento in servizio abbia fatto
presumere la sussistenza di patologie invalidanti per la prosecuzione del
rapporto.
In questi casi la
Commissione medica di verifica valuterà se procedere all’accertamento essendo
in gioco la tutela dell’incolumità, oltre che del dipendente, anche del resto
della comunità scolastica allorquando i comportamenti posti in essere costituiscano
fonte di pericolo, o se inoltrare ai sensi della legge 241/1990 ad altra
istituzione competente.
Il problema semmai
sarà quello di individuare i provvedimenti da adottare a seconda dell’esito del
giudizio medico. Infatti, mentre nel caso in cui venga accertata un’inidoneità
assoluta allo svolgimento del servizio il dipendente potrà essere collocato in
malattia d’ufficio fino al termine del contratto, nell’ipotesi di inidoneità
relativa non sarà possibile per il supplente procedere alla stipula di un
contratto che ne consenta l’utilizzazione temporanea in altri compiti dal
momento che anche il CCNI del 25 giugno 2008 esclude detto personale
dall’applicazione della relativa disciplina (art. 2, comma 1).
Qualche apertura si
ritrova nella giurisprudenza del giudice del lavoro che, in una recente
pronuncia, ha preso posizione sull’argomento anche se limitatamente al caso del
docente in prova. *11
Il caso di specie prende le mosse dall’impugnazione del licenziamento irrogato ai sensi dell’art. 6, comma 3 del d.P.R. n. 171/2011 a un docente in anno di formazione e prova rifiutatosi, per tre volte e senza giustificazione, di sottoporsi alle visite medico collegiali richieste dal dirigente scolastico per la verifica dell’idoneità.
Nel caso affrontato
dalla Corte di Cassazione la ricorrente, che si era vista prorogare per più di
un anno scolastico il periodo di prova a causa del mancato raggiungimento dei
180 giorni richiesti ai fini della valutazione, riteneva di non poter essere
legittimamente sottoposta a visita proprio perché non ancora confermata in
ruolo e, sulla base di tale interpretazione del dettato normativo, si rifiutava
di presentarsi alle convocazioni da parte della Commissione medica.
Il giudice del
lavoro ha ritenuto illegittimo il rifiuto opposto dalla lavoratrice che, in
questo modo, non presentandosi a lavoro, avrebbe determinato il protrarsi del
periodo di prova illimitatamente.
Da altro lato ha
ritenuto legittimo l’operato dell’amministrazione scolastica che, una volta
decorsi i primi due anni dalla prova, correttamente ha dato avvio alla
procedura prevista dal d.P.R. n. 171/2011.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, la diversa interpretazione (letterale) orientata ad escludere la possibilità di visita nel periodo di prova non sarebbe compatibile con un’organizzazione orientata al buon andamento dell’amministrazione scolastica perché legittimerebbe una situazione in cui una cattedra viene occupata da un soggetto che non presta servizio per lungo tempo, pur percependo la retribuzione, senza alcuna possibilità di verificarne la sua idoneità al servizio e costringendo il dirigente a ricorrere a supplenze temporanee con conseguente pregiudizio per l’utenza e per la continuità didattica.
Per eventuali quesiti o richieste di chiarimenti occorre rivolgersi agli Ambiti Territoriali o all’Ufficio I di questa Direzione.
Si ringrazia per
l’attenzione e si porgono cordiali saluti.
Il Direttore
Generale
Stefano Suraniti
NOTE
*1 Sul punto si v.
circolare INPS n. 33 dell’8/03/2012 contenente una disamina completa della
disciplina
*2 Sul tema di
recente Corte di Cassazione, sez. lavoro, 12 ottobre 2022, n. 29756.3
*3 La Cassazione
con l'ordinanza dell'11/09/2020, n. 18960 ha ribadito il principio, già
espresso dalla giurisprudenza, che non costituisce violazione dei doveri di
correttezza e buona fede la mancata comunicazione al lavoratore dell'approssimarsi
del superamento del periodo di comporto
*4 Sul punto la
giurisprudenza si è espressa ritenendo che "l'interesse del lavoratore alla certezza della vicenda contrattuale
vada contemperato con un ragionevole spatium deliberandi da riconoscersi al
datore di lavoro affinché possa valutare convenientemente la compatibilità di
una rinnovata presenza del lavoratore in rapporto agli interessi aziendali".
In altri termini il datore di lavoro ha il diritto di attendere il rientro in
servizio del dipendente malato per poterne valutare un possibile riutilizzo
nell’assetto organizzativo dell’impresa senza che tale attesa valga quale
rinuncia all’esercizio del recesso. In tal senso Cass. n. 24899 del 25/11/2011
ha ritenuto tempestivo il licenziamento intimato dopo 7 mesi dal superamento
del periodo di comporto e 19 giorni dalla ripresa del lavoro. Si v. anche
l'ordinanza del 18/03/2013 resa dal Trib. di Torino e, più recentemente,
l'ordinanza n. 18960 dell’11 settembre 2020 emessa dalla Corte di Cassazione
secondo cui è il lavoratore, in sede di impugnazione dell'atto datoriale, a dover
provare che l'intervallo temporale tra il superamento del periodo di comporto e
la comunicazione di recesso ha superato i limiti di adeguatezza e
ragionevolezza ingenerando nel dipendente un affidamento legittimo circa la
volontà tacita del dirigente di rinunciare alla facoltà del recesso.
*5 Sul punto si è
pronunciata anche la suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile,
Sentenza del 26 aprile 2011, n. 9346, osservando che "è precluso al datore di lavoro collocare unilateralmente il dipendente
in aspettativa non retribuita essendo ciò in contrasto sia con il principio
della immodificabilità unilaterale delle condizioni del contratto di lavoro consospensione
da parte del datore di lavoro dell'obbligazione retributiva, sia con la norma contrattuale
collettiva di cui all'art. 18 comma 3 che espressamente prevede che
l'aspettativa non retribuita può essere concessa solo su richiesta dell'interessato".
*6 Sul punto si v.
Cass., sez. lav., del 13/11/2018, n. 29188 e i precedenti ivi citati.
*7 Sul tema degli
accertamenti tema degli accertamenti medico-legali di idoneità al servizio da
parte delle Commissioni Mediche di Verifica, si richiamano le seguenti
circolari del Ministero dell’Economia e Finanze n. 972/2015 del “Linee Guida in
tema di inidoneità al servizio ed altre forme di inabilità-dei dipendenti
civili dello Stato, ai sensi dell'art. 15 D.P.R. 461/2001 e D.P.R. 171/2011” e
n. 981/2018 “Integrazione delle linee guida di cui alla circolare 972/2015 in
temi di accertamenti medico-legali di idoneità al servizio da parte della Commissione
Medica di Verifica”
*8 Si richiama
l’orientamento applicativo Aran RAL 517 secondo il quale “deve essere considerata malattia ogni alterazione patologica in atto di
organi e delle loro funzioni (o anche dell’organismo considerato nel suo
complesso) che per i sintomi con cui si manifesta e per le conseguenze che
produce sull’organismo del lavoratore impedisce temporaneamente l’esecuzione
della prestazione lavorativa dovuta in quanto risulta del tutto incompatibile
con l’ulteriore svolgimento delle attività necessarie all’espletamento della
prestazione stessa (Cass. 23.9.1987, n.7279; Cass. 30.7.1987 n.6632)”
*9 Per l’esame nel
dettaglio delle categorie di lavoratori fragili si rinvia alla lettura
dell’art. 26 del D.L. 17 marzo 2020 convertito con modificazione nella L. 24
aprile 2020, n. 27.
*10 Cass. civile,
sez. lavoro, sentenza 1/3/2022, n. 6742.
*11 Cassazione –
Lavoro – sentenza 16/12/2021 n. 40406.
Ai
Dirigenti scolastici degli Istituti di ogni ordine e grado della Regione
Piemonte
Ai
Dirigenti e Reggenti degli AA.TT. dell’USR Piemonte
Alle
OO.SS. Comparto Istruzione e Ricerca e Area Dirigenziale
Ministero
dell’Istruzione e del Merito
Ufficio Scolastico
Regionale per il Piemonte
Direzione Generale
Corso Vittorio
Emanuele II n° 70 – 10121 Torino - Tel. 011/5163601
E-mail:
direzione-piemonte@istruzione.it - PEC: drpi@postacert.istruzione.it -
http://www.istruzionepiemonte.it/
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.