mercoledì 1 maggio 2013

CONVEGNO BARI AIB - AIE - CONBS


Saluto di Waldemaro Morgese – Presidente AIB Puglia



Come presidente della Sezione pugliese dell’Associazione Italiana Biblioteche desidero anzitutto ringraziare caldamente quanti hanno reso possibile questo convegno: in primo luogo i partner promotori, l’Associazione Italiana Editori e il Coordinamento Nazionale dei Bibliotecari Scolastici. In secondo luogo, per quel che riguarda la mia Associazione, desidero ringraziare i dirigenti scolastici Anna Cantatore e Antonio d’Itollo, la componente del Comitato Esecutivo Nazionale Maria Abenante, la responsabile della Commissione Nazionale Biblioteche Scolastiche Luisa Marquardt, la responsabile regionale del progetto “Nati Per Leggere” Milena Tancredi. Desidero infine ringraziare Paola Pistone per l’impegno speso nell’inventare e allestire le mostre che arricchiscono la nostra iniziativa.
Naturalmente ringrazio tutti i relatori che hanno accettato di partecipare e sono qui a recare il loro prezioso contributo e gli esponenti delle istituzioni politiche e culturali presenti. Porgo infine un saluto cordialissimo alla rappresentante della Repubblica del Portogallo Ana Bela Martins Pereira.
Ciò detto vorrei iniziare il mio intervento, che sarà contenuto nei minuti assegnati, riprendendo un interrogativo che il sociologo polacco ma di cultura anglosassone Zygmunt Bauman ha formulato in un libro pubblicato nel 2010 e tradotto qualche mese fa in Italia: “Il mondo è inadatto all’istruzione?”.1
Bauman richiama un paragone che farebbe piacere a noi italiani: “il nostro mondo – lui scrive – assomiglia sempre più alla città invisibile di Leonia descritta da Italo Calvino, la cui opulenza ‘più che dalle cose che ogni giorno vengono fabbricate vendute comprate […] si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove’”.
Nel nostro mondo “liquido”-moderno oggetti e legami devono durare solo poco tempo, essere quindi mandati al macero presto, molto presto.
Questo modo di approcciarsi permea ormai tutte le espressioni della nostra vita: in USA, osserva Bauman, sempre più i permessi di costruzione vengono rilasciati solo a fronte di permessi di demolizione e i generali si oppongono sempre più all’impiego di truppe su un territorio se non viene elaborata contestualmente una strategia di uscita, di abbandono rapido.
L’ubi consistam del mondo contemporaneo è molto precario, direi evanescente.
Cosa fare della conoscenza e dell’istruzione in questo mondo così rapido, è un quesito a cui lo stesso Bauman non sa dare una risposta precisa e definitiva: ciò che lui si sente di affermare è soltanto questo:
Lasciatemi però ripetere che il cambiamento cui stiamo assistendo non è come quelli che lo hanno preceduto. Nella storia umana non era mai capitato che gli educatori si imbattessero in una sfida paragonabile a quella rappresentata dalla svolta attuale. Semplicemente, non ci eravamo mai trovati in questa situazione prima d’ora. L’arte di vivere in un mondo più che saturo di informazioni dev’essere ancora appresa. Proprio come quella, ben più ardua, di preparare gli esseri umani a vivere una tale vita.
Quindi l’arte di preparare i giovani a vivere la nuova vita liquida, sempre se non vogliamo essere banali laudatores temporis acti, e quindi perdenti alla rincorsa di ciò che non c’è più, non l’ha appresa bene ancora nessuno: se qualcuno pensa diversamente, lasciatemi dire che, oggi come oggi, è un illuso.
Nel frattempo, noi ci doliamo - e giustamente - degli epifonemi del mondo liquido: ci doliamo del fatto che in Italia, ad esempio, più della metà dei cittadini non legge neppure un libro in un anno, ci doliamo della de-alfabetizzazione o dell’analfabetismo di ritorno, testimoniato dal fatto – come suggeriscono recenti report internazionali - che solo il 20% degli italiani mostrano di avere sicure competenze e l’80% fa molta fatica a leggere grafici e tabelle.2 E’ stato coniato un nuovo vocabolo per definire tutto ciò: l’illetteratismo. Tutto ciò si produce parallelamente alla crescita impetuosa dell’accesso ad internet, ormai usato normalmente dal 55% degli italiani, con punte nell’UE dell’85% in Gran Bretagna.
E’naturale che siano pubblicati in Italia libri che hanno come titolo: “Requiem per la scuola” e per sottotitolo “Ripensare il futuro dell’istruzione”.3
Anche Claudio Giunta, nel recensire questo libro osserva ciò che ci ha già fatto capire Bauman: “fuori dalla scuola il mondo va a velocità supersonica, ed è forse vicino il giorno in cui l’iniziativa nel campo dell’istruzione passerà, dagli stati nazionali, al world wide web”. Giunta rammenta anche l’austriaco Ivan Illich e la sua teoria della “descolarizzazione”, un esempio potente di ecologia sociale su cui dovremmo riprendere a prestare attenzione tutti quanti.
Insomma, non potendo dilungarmi, credo che si comprenda qual è la riflessione generale che intendo proporvi: c’è assoluta necessità di rimodellare l’istruzione obbligatoria e quella che segue, facendo scoccare le scintille anzi facilitando corti circuiti fra i giovani e l’auto-apprendere, l’apprendere libero, l’apprendere libero per tutto il corso della vita, l’apprendere creativo e individualizzato.4
Ora, per favorire tutto ciò di certo sono utili le biblioteche: così come le intendeva Shiyali Ramamrita Ranganathan, un nume tutelare della biblioteconomia moderna, che sulla biblioteca come palestra di libertà ha scritto pagine bellissime, quando ad esempio si dichiara contrario alla espressione “servizio di consulenza ai lettori”, perché il bibliotecario non può essere un consulente ma solo “un compagno di viaggio del lettore nel suo viaggio documentario”.5
Come ha scritto Robert Darnton, direttore della biblioteca universitaria di Harvard: “l’accelerazione dei cambiamenti, se li mettiamo in fila in questo modo, dà le vertigini: dalla scrittura al codice, 4200 anni; dal
codice ai caratteri mobili, 1250; dai caratteri mobili ad Internet 524 anni; da Internet ai motori di ricerca 17 anni; dai motori di ricerca al relevance ranking algoritmico di Google, 7 anni; e chissà che cosa arriverà a breve, forse domani stesso”.6
Tutto vero, ma oggi sempre più questa straordinaria progressione della scienza e della tecnologia deve essere considerata un dato di sfondo, un ambiente formattato direi quasi, entro il quale si svolge il libero certame della conoscenza: con le scuole, e le biblioteche in esse, sempre più simili a palestre in cui non vi sono costrittivi strumenti ginnici ma si gode, si assapora la libertà del conoscere7.
Guardiamo ora alla nostra situazione, in Puglia: il censimento del sistema bibliotecario pugliese che l’AIB sta completando per incarico della Regione Puglia ha individuato 61 biblioteche scolastiche funzionanti, che rappresentano il 13% del totale delle biblioteche e appena il 7% rispetto al numero delle scuole statali pugliesi di ogni ordine e grado. Quest’ultimo dato è francamente alquanto terribile, sensazione che si rafforza se consideriamo che di questa sessantina di biblioteche scolastiche censite solo il 62% sviluppa servizi di promozione della lettura e solo il 60% consente navigazione in internet, mentre il patrimonio è per il 96% cartaceo e solo per il 4% multimediale. Solo il prestito a domicilio sembra soddisfacente: l’87% lo effettua. Di queste 61 biblioteche, inoltre, molto poche sono aperte al territorio in modo “virtuoso” e per causa dei software obsoleti adoperati quasi nessuna è nelle condizioni di integrarsi nei poli SBN, se pure volessero farlo. Infine è deficitaria l’esistenza di reti significative, quand’anche quantitativamente modeste, fra biblioteche scolastiche.
A questa situazione strutturale difficile sul piano regionale, che si è aggravata anno dopo anno, c’è da aggiungere la vicenda nazionale attuale, che non esito a definire miserevole e miope, della “liquidazione programmata” da parte del Ministero dei bibliotecari scolastici, ciò che distrugge quel poco che è rimasto di professionalità nelle biblioteche scolastiche, oltre a marcare una controtendenza rispetto ad altri Paesi europei.
Un ultimo punto mi preme sottolineare. Non intendo aprire un capitolo polemico che ho peraltro manifestato in molte occasioni pubbliche e su cui ho scritto in varie occasioni e sedi, ma il mio appello, come presidente regionale dell’AIB, è rivolto soprattutto ai decisori pubblici, che dovrebbero cominciare a capire che l’investimento in educazione e conoscenza – auspico però la più libera possibile – oggi, in questa difficile fase di stress fiscale, diventa un prius necessitato, che deve purtroppo far regredire in secondo piano e rinviare a nuovi migliori tempi gli altri impieghi culturali, per i quali – specie se effimeri, per quanto nobili – i poteri pubblici devono saper costruire occasioni anche normative di appetibilità e favor da parte dei privati finanziatori.
Vi ringrazio per l’attenzione.


1 Z. Bauman, Cose che abbiamo in comune. 44 lettere dal mondo liquido, Laterza 2012.

2 Si fa riferimento alla ricerca ALL, “Adult Literacy and Lifeskills”, che, svolta in Italia fra il 2001 e il 2006, ha esaminato un campione di 6.853 cittadini di età fra 16 e 65 anni. Cfr. anche Alessia Mattei, Le competenze della popolazione adulta, slides del 26-10-2010, su www.invalsi.it. Accanto al classico libro in cui Francesco Erbani intervista Tullio De Mauro (La cultura degli italiani, Laterza 2010), un altro recente libro che fotografa la situazione di “ignoranza” degli italiani è: Roberto Esposito, Ignoranti. L’Italia che non sa l’Italia che non va, Chiarelettere 2013.
3 Norberto Bottani, Requiem per la scuola, il Mulino 2013. Si rinvia anche alla bella recensione di Claudio Giunta, Viva la scuola autonoma, su «Domenica-Il Sole 24 Ore» del 31 marzo 2013, p. 27.
4 Nel marzo 2012 dedicai un editoriale allo strano caso dell’esposto-appello al ministro dell’istruzione da parte dell’Associazione “Centro di documentazione della poesia del Sud” di Nusco, che protestava perché nelle linee-guida elaborate dalla ex Ministra Gelmini nel 2010 sui piani di studio dei licei venivano cancellati molti illustri poeti e scrittori meridionali. La mia meraviglia derivava dal fatto che questa Associazione protestava su imposizioni ritenute anti-Sud invece di contrastare che “nel nostro Paese si pretenda di indicare agli insegnanti con ‘bolla’ ministeriale quali poeti e scrittori bisogna necessariamente spiegare agli studenti nello svolgere i programmi d’insegnamento!” (è un editoriale apparso su «La Gazzetta dell’Economia» del 24-30 marzo 2012 e ristampato in W, Morgese, L’amore per la politica, Edizioni dal Sud 2012, pp. 91-95).
5 Cfr. Leggere Ranganathan, a cura di Mauro Guerrini, AIB 2011, p. 59.

6 R. Darnton, Il futuro del libro, Adelphi 2009, p. 45.
7 Tutto ciò ha a che fare con lo sviluppo di modelli empatici, come ha scritto con felice intuizione Jeremy Rifkin: “Nella nuova era della Terza rivoluzione industriale globalmente connessa, la funzione primaria dell’educazione dovrebbe essere quella di preparare gli studenti a pensare e agire come parte di una biosfera condivisa” (J. Rifkin, La terza rivoluzione industriale. Come il ‘potere laterale’ sta trasformando l’energia, l’economia e il mondo, Mondadori 2011, p. 269). Si veda anche Daniel Goleman, Intelligenza emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici, Rizzoli 2011 e Frans De Waal, L’età dell’empatia. Lezioni dalla natura per una società più solidale, Garzanti 2011.

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