Un contributo di Rosa Maria Lombardo (Palermo)
Leggo indignate voci che accusano i vari partiti di mancare
di un programma politico specificatamente dedicato alla scuola nei suoi
molteplici aspetti di realtà concreta costituita da persone e cose e nella sua
declinazione di mamma della nazione.
Mamma che educa, che orienta, che sostiene attraverso un
esercito di insegnanti, di collaboratori scolastici ( i vecchi e cari bidelli),
di assistenti amministrativi e dsga ( il caro vecchio segretario annoiato di
conti e tabelle oggi tiranneggiato da pof, pon, durc, irap, irpef...), da
assistenti tecnici e dirigenti scolastici ( i vecchi presidi e direttori ora piallati e uniformati da recenti riforme
e concorsi che ne consente l'avvicendarsi fra vari livelli di scuola con la
stessa facilità con cui si fa il cambio di stagione).
Si lamenta l'assenza di un programma politico quindi, che
dalle varie prospettive politiche, preveda un risanamento della scuola pubblica
italiana su due fronti: cose e persone.
Darei la precedenza alle cose perché senza materia la scuola
non si fa.
La scuola non si fa e non si può né si deve fare se
l'edificio è fatiscente, umido e con i muri intrisi di acqua,sporco e
insalubre, non climatizzato, privo delle suppellettili adeguate e di minima
necessità
( banchi, sedie, lavagne, computer e company), privo degli
spazi adeguati allo svolgimento delle attività, di tutte le attività ( dalla
lezione frontale alla ginnastica, dalle attività laboratoriali alle attività di
programmazione e coordinamento per i docenti, per gli alunni e per il personale
ATA).
Dato per certo che l'aspetto materiale della scuola è stato
preso in considerazione, e dato per scontato che le voci che ho evidenziato
necessitano di una ulteriore analisi,
passo all'aspetto umano della scuola.
La scuola sta male...stanno male i docenti e i bambini, i
ragazzi e gli adulti ( delle scuole per adulti nessuno ne parla mai...), i
genitori. Stanno male i collaboratori scolastici e gli assistenti
amministrativi e tecnici, stanno male i dsga, stanno male anche i dirigenti (
ma non chiedono aiuto).
E' il lavoro la causa di questo male? Insegnare è doloroso?
Forse educare?...no...sono i lavori più belli del mondo insieme a quello della
genitorialità. E quando la scuola era soprattutto la “seconda mamma” la scuola
era meno malata. Anzi non lo era affatto.
Da quando la scuola è divenuta preda di manie trasformiste (
la chiamavano riforma) ad indirizzo aziendale il virus delle misurazioni e dei
test prestazionali ha cominciato ad ammorbarne l'aria infiltrandosi lentamente
a tutti i livelli e causando una progressiva perdita di valori e relazioni a
beneficio di prestazioni esibite a garanzia di modernità ed europeizzazione.
Sarebbe eccessivo dire che la scuola si è ammalata perchè si
è votata agli interessi economici dimenticando il suo primo, unico vero
interesse pedagogico-didattico?
Direi che è realistico!
Quando la scuola era scuola la scuola stava bene, stavano
bene i docenti, i bambini e i ragazzi; stava bene il caro vecchio bidello e la
cara applicata di segreteria, e il segretario e il direttore didattico o la
direttrice ( un padre o una madre per tante maestre e maestri), o il preside o
la preside ( un faro per tanti professori e professoresse consci di dover dare
il massimo perché quei piccoli adulti chiedevano altri strumenti per crescere e
l'attenzione non era sequestrata da cellulari e lettorini vari)
e ognuno faceva la propria parte consapevole dei ruoli,
delle gerarchie e delle competenze, dell'importanza della propria figura per il
funzionamento dell'intero sistema.
La scuola, quando era scuola e stava bene, non conosceva la
frustrazione del precariato, della mancata realizzazione professionale di un
giovane laureato che accetta la supplenza come collaboratore scolastico nella
stessa scuola in cui l'anno prima ha accettato una supplenza di docente per la
sua classe di concorso.
Quella scuola non conosceva la stanchezza dei docenti dal punteggio gonfiato di corsi e corsetti a
pagamento, utili solo a farli scorrere nelle graduatorie quando cominciò la
guerra dei tagli, e assolutamente inutili dal punto di vista formativo perchè
la professionalità docente comprende un ventaglio di “saperi” e saper fare e
saper essere che “si fa proprio” attraversando percorsi di studio complessi
nell'approccio disciplinare e articolati in tempi lunghi dove il tecnicismo è
l'ultimo degli obiettivi perchè nasce da sé, dallo studio e dal confronto sul
campo con quanto studiato e quindi da
una quotidianità di spunti, riflessioni,scambi nella relazione -con l'altro
-docente, con l'altro-alunno, con l'altro-segretario, con l'altro-genitore, con
l'altro-preside- che è di per sé educativa, pedagogica, didattica.
Le segreterie ospitavano assistenti orgogliosi del proprio
ruolo e della propria competenza vissuta e spesa nelle sinergie della scuola in
cui “ la memoria storica” del personale stanziale costituiva una garanzia alla
continuità didattica che poteva snodarsi tra i sicuri meandri della burocrazia
scolastica.
La piccola burocrazia scolastica, che non aveva bisogno del
DSGA...( sigla altisonante che spaventa gli stessi dsga molti dei quali spesso amano essere chiamati ancora
“segretario” e “segretaria), non era una burocrazia minore e quindi inferiore ma era una normale
e umana proceduralità di operazioni volte a garantire il funzionamento della
macchina scolastica. E la scuola funzionava, insegnava, educava, guidava, non
crollava e non uccideva, non faceva ammalare,
non conosceva il burn out, il mobbing e lo stalking tutt'al più l'esaurimento nervoso di
lambrosiana memoria e l'afonia.
I bambini erano bambini, alunni, bravi, meno bravi,
monelli,svantaggiati, portatori di handicap, bisognosi di una programmazione
differenziata o individualizzata ( e già era tanto) senza essere schedati in
mostruose nomenclature che rendono giovani docenti di sostegno talmente pregni
della loro specializzazione da ghettizzare l'alunno piuttosto che contribuire
all'integrazione.
Ma questo non si dice perchè quel bambino e il suo docente
dovranno poi essere misurati e poco importa se si è sacrificata tanta umanità a
favore di qualche crocetta.
I docenti erano docenti, facevano i docenti, insegnavano,
educavano, imparavano...ascoltavano, parlavano, raccontavano, condividevano
memoria e storia, si scrivevano nei cuori dei loro alunni come un post-it ricco di preziose annotazioni.
Lo fanno ancora oggi...ma con molta fatica, con moltissima
fatica perchè la scuola di oggi non ha più l'insegnamento e la professionalità
docente fra le sue priorità.
Non serve parlare di strategie di prevenzione per la salute
mentale dei docenti, per il bullismo o l'assenteismo, o il burn out o lo
stalking o il mobbing perchè questa è l'ottica che definisce la scuola “malata”
e vuole guarirla ( aggiustarla) così da renderla al passo con i tempi (
snaturarla) e forte di fronte al progresso ( anestetizzata).
La scuola sta male
perché vive un disagio profondo, un male che la sta divorando da anni .
Le sue urla vanno ascoltate...non sovrastate da voci di coro
che sciorinano numeri e cifre...di una scuola che funziona.
Allora...se vogliamo continuare a parlare di una scuola che
funziona o non funziona perché ci sono
numeri e cifre che lo dicono, si può
anche evitare di impegnarsi politicamente su questo fronte.
Se vogliamo cominciare nuovamente a parlare di una scuola
che, attraverso la relazione educativa contribuisce alla crescita della
società, dobbiamo ripartire dalla scuola-edificio, soffermarci alla
scuola-gruppo di persone per arrivare
alle persone-cittadini.
Sfrondare tutto il “di più” non pedagogicamente corretto e
utile che in questi anni si è ammassato sulla scuola italiana liberandola dalle
macerie accumulate in decenni di programmi politici che le hanno tolto quasi
tutto quello che aveva da dare.
Se qualcuna delle forze politiche in campo è in grado di
“vedere” quel quasi che è rimasto, è invitata a prenderlo in considerazione,
non certo come ultima merce di scambio, ma come eredità, come una cellula
germinale intatta e pura da cui
ripartire per ricostituire la scuola italiana.
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