martedì 29 gennaio 2013

La scuola malata


Un contributo di Rosa Maria Lombardo (Palermo)

Leggo indignate voci che accusano i vari partiti di mancare di un programma politico specificatamente dedicato alla scuola nei suoi molteplici aspetti di realtà concreta costituita da persone e cose e nella sua declinazione di mamma della nazione.
Mamma che educa, che orienta, che sostiene attraverso un esercito di insegnanti, di collaboratori scolastici ( i vecchi e cari bidelli), di assistenti amministrativi e dsga ( il caro vecchio segretario annoiato di conti e tabelle oggi tiranneggiato da pof, pon, durc, irap, irpef...), da assistenti tecnici e dirigenti scolastici ( i vecchi  presidi e direttori  ora piallati e uniformati da recenti riforme e concorsi che ne consente l'avvicendarsi fra vari livelli di scuola con la stessa facilità con cui si fa il cambio di stagione).
Si lamenta l'assenza di un programma politico quindi, che dalle varie prospettive politiche, preveda un risanamento della scuola pubblica italiana su due fronti: cose e persone.
Darei la precedenza alle cose perché senza materia la scuola non si fa.
La scuola non si fa e non si può né si deve fare se l'edificio è fatiscente, umido e con i muri intrisi di acqua,sporco e insalubre, non climatizzato, privo delle suppellettili adeguate e di minima necessità
( banchi, sedie, lavagne, computer e company), privo degli spazi adeguati allo svolgimento delle attività, di tutte le attività ( dalla lezione frontale alla ginnastica, dalle attività laboratoriali alle attività di programmazione e coordinamento per i docenti, per gli alunni e per il personale ATA).
Dato per certo che l'aspetto materiale della scuola è stato preso in considerazione, e dato per scontato che le voci che ho evidenziato necessitano di una ulteriore  analisi, passo all'aspetto umano della scuola.
La scuola sta male...stanno male i docenti e i bambini, i ragazzi e gli adulti ( delle scuole per adulti nessuno ne parla mai...), i genitori. Stanno male i collaboratori scolastici e gli assistenti amministrativi e tecnici, stanno male i dsga, stanno male anche i dirigenti ( ma  non chiedono aiuto).
E' il lavoro la causa di questo male? Insegnare è doloroso? Forse educare?...no...sono i lavori più belli del mondo insieme a quello della genitorialità. E quando la scuola era soprattutto la “seconda mamma” la scuola era meno malata. Anzi non lo era affatto.
Da quando la scuola è divenuta preda di manie trasformiste ( la chiamavano riforma) ad indirizzo aziendale il virus delle misurazioni e dei test prestazionali ha cominciato ad ammorbarne l'aria infiltrandosi lentamente a tutti i livelli e causando una progressiva perdita di valori e relazioni a beneficio di prestazioni esibite a garanzia di modernità ed europeizzazione.
Sarebbe eccessivo dire che la scuola si è ammalata perchè si è votata agli interessi economici dimenticando il suo primo, unico vero interesse pedagogico-didattico?
Direi che è realistico!
Quando la scuola era scuola la scuola stava bene, stavano bene i docenti, i bambini e i ragazzi; stava bene il caro vecchio bidello e la cara applicata di segreteria, e il segretario e il direttore didattico o la direttrice  ( un padre o una madre  per tante maestre e maestri), o il preside o la preside ( un faro per tanti professori e professoresse consci di dover dare il massimo perché quei piccoli adulti chiedevano altri strumenti per crescere e l'attenzione non era sequestrata da cellulari e lettorini vari)
e ognuno faceva la propria parte consapevole dei ruoli, delle gerarchie e delle competenze, dell'importanza della propria figura per il funzionamento dell'intero sistema.
La scuola, quando era scuola e stava bene, non conosceva la frustrazione del precariato, della mancata realizzazione professionale di un giovane laureato che accetta la supplenza come collaboratore scolastico nella stessa scuola in cui l'anno prima ha accettato una supplenza di docente per la sua classe di concorso.

Quella scuola non conosceva la stanchezza dei docenti   dal punteggio gonfiato di corsi e corsetti a pagamento, utili solo a farli scorrere nelle graduatorie quando cominciò la guerra dei tagli, e assolutamente inutili dal punto di vista formativo perchè la professionalità docente comprende un ventaglio di “saperi” e saper fare e saper essere che “si fa proprio” attraversando percorsi di studio complessi nell'approccio disciplinare e articolati in tempi lunghi dove il tecnicismo è l'ultimo degli obiettivi perchè nasce da sé, dallo studio e dal confronto sul campo  con quanto studiato e quindi da una quotidianità di spunti, riflessioni,scambi nella relazione -con l'altro -docente, con l'altro-alunno, con l'altro-segretario, con l'altro-genitore, con l'altro-preside- che è di per sé educativa, pedagogica, didattica.

Le segreterie ospitavano assistenti orgogliosi del proprio ruolo e della propria competenza vissuta e spesa nelle sinergie della scuola in cui “ la memoria storica” del personale stanziale costituiva una garanzia alla continuità didattica che poteva snodarsi tra i sicuri meandri della burocrazia scolastica.

La piccola burocrazia scolastica, che non aveva bisogno del DSGA...( sigla altisonante che spaventa gli stessi dsga molti dei quali  spesso amano essere chiamati ancora “segretario” e “segretaria), non era una burocrazia  minore e quindi inferiore ma era una normale e umana proceduralità di operazioni volte a garantire il funzionamento della macchina scolastica. E la scuola funzionava, insegnava, educava, guidava, non crollava e non uccideva, non faceva ammalare,  non conosceva il burn out, il mobbing e lo stalking  tutt'al più l'esaurimento nervoso di lambrosiana memoria  e l'afonia.
I bambini erano bambini, alunni, bravi, meno bravi, monelli,svantaggiati, portatori di handicap, bisognosi di una programmazione differenziata o individualizzata ( e già era tanto) senza essere schedati in mostruose nomenclature che rendono giovani docenti di sostegno talmente pregni della loro specializzazione da ghettizzare l'alunno piuttosto che contribuire all'integrazione.
Ma questo non si dice perchè quel bambino e il suo docente dovranno poi essere misurati e poco importa se si è sacrificata tanta umanità a favore di qualche crocetta.
I docenti erano docenti, facevano i docenti, insegnavano, educavano, imparavano...ascoltavano, parlavano, raccontavano, condividevano memoria e storia, si scrivevano nei cuori dei loro alunni come un post-it  ricco di preziose annotazioni.
Lo fanno ancora oggi...ma con molta fatica, con moltissima fatica perchè la scuola di oggi non ha più l'insegnamento e la professionalità docente  fra le sue priorità.

Non serve parlare di strategie di prevenzione per la salute mentale dei docenti, per il bullismo o l'assenteismo, o il burn out o lo stalking o il mobbing perchè questa è l'ottica che definisce la scuola “malata” e vuole guarirla ( aggiustarla) così da renderla al passo con i tempi ( snaturarla) e forte di fronte al progresso ( anestetizzata).
La scuola sta male  perché vive un disagio profondo, un male che la sta divorando da anni .
Le sue urla vanno ascoltate...non sovrastate da voci di coro che sciorinano numeri e cifre...di una scuola che funziona.
Allora...se vogliamo continuare a parlare di una scuola che funziona o non funziona  perché ci sono numeri e cifre che lo dicono,  si può anche evitare di impegnarsi politicamente su questo fronte.
Se vogliamo cominciare nuovamente a parlare di una scuola che, attraverso la relazione educativa contribuisce alla crescita della società, dobbiamo ripartire dalla scuola-edificio, soffermarci alla scuola-gruppo di persone  per arrivare alle persone-cittadini.
Sfrondare tutto il “di più” non pedagogicamente corretto e utile che in questi anni si è ammassato sulla scuola italiana liberandola dalle macerie accumulate in decenni di programmi politici che le hanno tolto quasi tutto quello che aveva da dare.
Se qualcuna delle forze politiche in campo è in grado di “vedere” quel quasi che è rimasto, è invitata a prenderlo in considerazione, non certo come ultima merce di scambio, ma come eredità, come una cellula germinale intatta e pura  da cui ripartire per ricostituire la scuola italiana.







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